Aprendo le cartelle cliniche dell’archivio del vecchio manicomio di Arezzo sono emerse storie sorprendenti, casi umani vittime di crudeltà sociale e di incomprensione sanitaria, una galleria degli orrori, o meglio un bestiario esemplificativo di come un tempo veniva gestito il disagio mentale. Da qui l’idea di narrarne la storia clinica per gridarne poi l’essenza poetica. In altre parole, cartelle cliniche evolute in carte liriche. Ecco, dunque, introdotte dalla figura del cappellano, custode di quelle anime dei tetti rossi, sfilare l’eroina fascista, la bestemmiatrice, la barrocciaia, il suicida, l’infante obeso… Un coro che cerca oggi legittimazione attraverso la rivelazione.
Sui testi di Laura Occhini e Cinzia Della Ciana ( si sviluppa così un reading scenico enfatizzato dalle sonorizzazioni curate da Roberta Vacca.